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                «Fate lezione o l'ateneo va in crisi» I rettori ammoniscono i ribelli 
                Decleva: «Tagli insostenibili, ma la didattica va garantita»
                
                    
                    
I RICERCATORI ribelli di Bologna minacciano lo sciopero e il rettore dell'università Alma Mater ha deciso di sostituire chi si rifiuterà di fare lezione. Lei, Enrico Decleva, presidente della Conferenza dei rettori (Crui), condivide l'iniziativa del collega Ivano Dionigi?
«Il rettore ha il dovere di far funzionare l'istituzione che ha assunto determinati impegni nei confronti degli studenti ad attivare una serie di corsi. Se nel corso della vigilia si constata che l'insegnante viene meno, ci sono due possibilità: o cancellare l'insegnamento o spostarlo nel secondo semestre. O, appunto, trovare un modo di attivarlo».
Dunque quella di chiamare docenti a contratto è una soluzione?
«Non ci sono diritti sindacali lesi. L'istituzione non può solidarizzare con una parte che dice ‘non faccio lezione'. Mi auguro che si voglia cercare di risolvere questa questione con senso di responsabilità per poter garantire quanto possibile il regolare svolgimento dell'anno accademico. E poi mi permetta...»
Prego, continui...
«Non è che il ricercatore che rinuncia all'insegnamento non abbia doveri didattici. Come giustificheranno la retribuzione che prendono? Facendo solo ricerca? E no, a questo punto veramente trovo autolesionistica questa iniziativa e penso che così la stiano valutando anche tanti altri ricercatori. Poi, andrei cauto sulla parola sciopero, che vuol dire trattenuta sugli stipendi e e significa garantire i servizi essenziali. Siamo invece nella dimensione di iniziative individuali, ossia quella di alcuni ricercatori di rinunciare agli insegnamenti che tengono annualmente».
Vi accusano, come rettori, di essere troppo morbidi nei confronti dei tagli e di riforme distruttive...
«Concilianti fino ad un certo punto. Credo che sia legittimo valutare positivamente o negativamente la riforma. La verità è che il confronto con il governo è in atto, vediamo come va a finire. Il problema sta a cuore di tutti noi e, pare, del governo. Ma l'entità dei tagli non è sostenibile, un miliardo e trecento milioni sul 2011».
Ci sono altre situazioni come quella bolognese? A Milano ci sono tensioni con i ricercatori?
«Ogni università ha situazioni molto diversificate. Ma non mi risultano altri casi simili».
Che cosa si augura?
«Senso di responsabilità. Se è vero che questi ricercatori ci tengono al buon nome dell'Università pubblica, se credono in quello che fanno non dovrebbero metterla ulteriormente in crisi».
di STEFANIA CONSENTI
Notizia tratta da La Nazione
 
                 
                
             
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